Rumble (2003)
Rumble
Il titolo, “Rumble”, lo ricordiamo (ma per lo più raddoppiato) dai fumetti della nostra infanzia, come il suono che accompagna una caduta di massi o altre catastrofi minacciose; perciò non ci sorprende, in questo spettacolo, l’impatto duro e aggressivo con la violenza: tante piccole violenze – a volte con esiti di pura sofferenza, a volte rovesciate in un’ironia solo apparentemente liberatoria – che si vanno a inscrivere nella più grande e generale violenza della guerra.
La guerra infatti è il punto culminante a cui tende tutta la costruzione concitata e travolgente di questo racconto per immagini che non esita a richiamare (in una lingua straniera stranamente del tutto comprensibile, poiché universale è la voce del dolore) l’orrore di un’altra rappresentazione, in un altro teatro: la strage dei Ceceni nel Teatro “Na Dubrovke” di Mosca.
E più ancora della guerra, sarà il dopoguerra ad essere evocato, sulla falsariga del testo bellissimo della poetessa Wislawa Szymborska, con il suo strascico di macerie da rimuovere, di fango e sangue da ripulire, di ordine da riportare – lontano, ormai, dall’attenzione delle telecamere, già impegnate su nuovi fronti di guerra: il dopoguerra come condizione permanente del nostro tempo, tra una guerra e l’altra; e svelamento evidente di un concretissimo e attualissimo male di vivere.
Ma il teatro vuole riprendersi il suo spazio, il suo privilegio, il suo diritto a rappresentare, anche, la domenica della vita; e per farlo sembra voler tornare ad alcune forme delle sue stesse origini: per esempio, alla parodia – dai perfetti tempi comici – della persuasione pubblicitaria e, quindi, di ogni pretesa autoritaria del linguaggio; o al gesto apotropaico, con l’esibizione di tutto un catalogo di rimedi contro il malocchio (che suscita l’incoraggiamento complice di un pubblico abbastanza colto e civilizzato, sì, da non dare credito a nessuna superstizione, ma anche, per fortuna, disposto a “fare un passo indietro”, verso una zona inconscia non del tutto illuminata…).
E poi, e soprattutto, al circo: un improbabile, sgangherato circo di periferia con i suoi fenomeni da baraccone esilaranti e (come sempre) inquietanti, con i suoi procedimenti di imbestiamento e, perfino, con le sue bestie vere: tre bellissime galline vive, “semplici e quete” come le pecorelle dantesche, in tutta quella bolgia; o, se si vuole, come i “sereni animali / che avvicinano a Dio” di Umberto Saba.
Una grande lezione di stile, come, poco prima, quei giochi d’acqua elementari e pure così suggestivi, che dimostrano come basti un niente, un secchio colmo d’acqua, per ottenere effetti davvero speciali.
Allora suona pienamente giustificato e coerente l’omaggio al grande Federico Fellini, la cui voce fuori campo giunge alla fine in un commovente dialogo con la morte e con la memoria: quasi a suggerire che tutto lo spettacolo, nei suoi motivi profondi di riflessione sul dolore e nei suoi irreprimibili slanci vitali, è dedicato al maestro insuperato della messinscena, del gioco senza fine di verità e finzione
Attori: Francesco Paolo Albano (Italia/Taranto); Leyli Behbahani (Iran); Nicola Bozzini (Svizzera); Silvia Castellani (Italia/Perugia); Tiziana Del Re (Italia/Bari); Laura Delsa(Germania); Nikolin Deskaj (Albania); Mindy Ngoc Diep (Vietnam); Chiara Ferrari (Italia/Perugia); Paolo Floridi (Italia/Roma); Eglé Grikstaité (Lituania); Tosia Makgorzata Gudzikowska (Polonia); Ioana Jarda (Romania); Angelo Martinisi (Italia/Caserta); Enkelejda Mertiri (Albania); Deborah Rim Moiso (Italia/Asti); Esther Sanchez (Spagna); Christel Trottet (Svizzera); Aresh Vedaee (Italia/Perugia); Aurelija Zeringyté (Lituania); Matteo Maria Angarano (Italia/Bari); Delphine D. Costa (India); Karolien De Ceulaer (Belgio); Sara Federici (Italia/Terni); Yura Son (Corea del Sud).
Musiche:
Hossein Alizadeh – Darioush Zargari: “Yourtmeh” (H. Alizadeh)
Banda del Circo “Ringling/Barnum/Bailey” (1966): musiche tradizionali del circo arr. da M. Evans
Raoul Casadei: “La mazurca di periferia” (Casadei-Muccioli)
Little Tony “Cuore matto” (T. Savio – A. Ambrosino)
Nino Rota: “Motivo di Frufrù” dalla colonna sonora del film “I Clowns” di F. Fellini
Tom Waits: “I’ll shoot the moon”, “ Flash pan hunter”, “Russian dance”, “That’s the way”, “Lucky day” (da “The Black Rider”, testi di Williams Burroughs), “Kommienezuspadt” (da “Alice”, testi di Waits-Brennan)