Strange Fruit (1997)
Strange Fruit
(…) La canzone famosa e bellissima di Billie Holiday, che da un tempo che pare ormai remoto ci parla dei neri d’America impiccati, “strani frutti” che pendono dagli alberi, connota tragicamente la condizione dell’oppresso, dello sfruttato, del diverso.
Ma non c’è vittimismo nella rappresentazione che ci viene proposta da questi “diversi” nostri simili, anzi: ciascuno dei protagonisti rivive momenti della propria condizione che sembrano coltivati da una memoria affettuosa e rispettosa, come in un rito di cui a volte ci sfuggono le ragioni, ma di cui avvertiamo il fascino e la profondità; oppure si rivelano aperti all’incontro, ad una disponibilità alla vita che commuove e insieme diverte: come nel caso di colui che appare il più vicino allo stereotipo del moderno drop out, dell’extracomunitario ed extra tutto ciò che è la convenzione sociale, con il suo patetico armamentario di oggetti da campeggio con cui tentare allegramente la sopravvivenza – e che poi si scoprirà fine e ironico interprete shakesperiano.
E anche il più duro, apparentemente, dei personaggi di questo racconto, il giovane lavoratore (immigrato?) spagnolo, tutto preso da una sua etica del lavoro che assomiglia piuttosto ad un’ossessione e che sembra chiuderlo definitivamente ad ogni richiamo di solidarietà tra sfruttati, mostrerà poi un suo dignitoso sentimento della sconfitta ed una segreta nostalgia di tempi più eroici per la classe operaia …
A queste vicende, a queste storie di umana speranza e perfino di “tigna” di volercela fare, se ne intrecciano tante altre, frammenti di solitudini e di possibili (seppure difficili) incontri, nel segno quasi sempre di una perdita – si direbbe di un lutto: al lutto rimandano i tanti fiori sparpagliati sulla scena e, soprattutto, quelli lanciati – a fasci – nel mare, come i fiori delle vedove e delle madri nel Canale di Otranto.
Sì, perché c’è anche il mare, lì, dietro il muro che chiude la scena: non lo vediamo, ma ne intuiamo la presenza. E’ dal mare che uno dei ragazzi pesca il suo pesce, per poi friggerselo e mangiarselo – con infinita gioia – dopo averne offerto una parte a tutti i presenti; ed è al mare che guarda con nostalgia una ragazza pensando alla sua Corea, così lontana da sembrare irraggiungibile (anche se, come in sogno, potrebbe bastare l’autostop, o una barca a remi con delle calde coperte contro il freddo: del resto, non si può “andare in Cina a piedi”, come ha scritto il poeta Giovanni Giudici? e perché, allora, non in Corea?). Solitudini, sogni che si spezzano. E il mondo è pesante, da qualunque parte della terra si provenga: occorre trascinarlo, con tanta fatica, verso una possibile felicità; come la ragazza (e non importa chi sia, da dove venga) con la carriola, che chiude la storia. Sulle ultime note struggenti del blues di Billie Ho1iday …
Attori: Francesco Paolo Albano (Italia/Taranto); Gerardo Alvarez Uria Myares (Spagna); Danilo Bottaccioli (Italia/Perugia); Mohamed Disouchi (Egitto); Takeshi Kajinara (Giappone); Jeong-Hyun Kim (Corea del Sud); Yuni Roh (Corea del Sud); Min-Jung Ryu (Corea del Sud); Gota (Giappone).
Musiche:
Billie Holiday “Strange fruit” (Allan)
Steve Roach- Kevin Braheny “Desert prayer”
Canzoni coreane e spagnole dal vivo